Un'immagine splendida di Plutone. La navicella New Horizons ha portato laggiù le ceneri di Clyde Tombaugh, che ha scoperto Plutone nel 1930. Ha un significato.

La corsa di Vyger

Immagina la posizione della Terra, con i suoi giorni luminosi, a 150 milioni di chilometri dal Sole. Distanza enorme, che la potenza della fornace nucleare del sole riesce ancora a superare, scaldando la nostra pelle. Ma nel fly-by con Plutone - che noi profani continuiamo a considerare l'ultimo pianeta del sistema solare nonostante il declassamento - la sonda New Horizons era illuminata da un Sole distante ormai cinque miliardi di chilometri, un punto luminoso che insegue con i suoi raggi una navicella che ha oltrepassato i confini del suo sistema planetario. E' qualcosa di emozionante confrontarsi con una tale misura, che chiama un tempo di avventura ed esplorazione.

Ma nell'entusiasmo dimentichiamo forse qualcosa di più stupefacente. Un'altra sonda, "Vyger", com'è stata ribattezzata nel film "Star Trek" del 1979 la sonda Voyager 1, partita nel 1977 quando ero adolescente, vola ora a una velocità strabiliante nell'abisso cosmico a quasi venti miliardi di chilometri da noi. Per noi sulla terra, solo un flebile punto radio, fotografato da un telescopio potentissimo. Ha oltrepassato già due anni fa (2013) l'eliopausa, cioè la zona in cui svaniscono le ultime tracce del vento solare.



Posizione attuale della sonda Voyager 1, in rapporto al sistema solare.

Non è in un film. E' davvero in quel confine sperduto. In qualche modo, con la mente riesco ad essere là: non ho più la luce di un sole amico, e viaggio verso l'ignoto in un freddo indescrivibile, osservando un cielo nerissimo tempestato di stelle.

Raccontarlo mi dà nuovamente quel piacere di essere nel letto, adolescente - nei giorni in cui le navicelle Voyager venivano lanciate, con palle di fuoco, sulla punta dei razzi Titan - leggendo in un saggio tascabile quella bramosia di un Einstein giovanissimo che immaginava di essere a cavallo di un raggio di luce. Sul cuscino, alle 11 di sera assonnato per la levataccia della scuola ma non preoccupato per quella della mattina dopo, cercavo anch'io di capire cosa sarebbe successo se fossi stato più veloce di quel raggio.

E raccontarlo mi suscita una domanda sul perché lo stia facendo. E l'unica risposta possibile è venuta, nuovamente, dalle parole del libro che leggo adesso:

"Eppure il tuo valore e lo sperato piacere
della soave amicizia mi persuadono
a sostenere qualsiasi fatica e m'inducono
a vegliare notti serene,
cercando con quali parole e qual canto alla fine
io possa accendere innanzi alla tua mente una chiara luce,
per cui tu riesca a scrutare nel profondo cose occulte."


(Lucrezio, "De rerum natura")

FT